La Chiesa di Verona piange la scomparsa di mons. Andrea Veggio

«Ha offerto a Dio la sua vita di prete e ha offerto se stesso in sacrificio con Cristo ogni volta che celebrava o presiedeva l’Eucaristia e così fino agli ultimi anni» quando nella cappella della Casa del clero di Negrar – dove viveva dal luglio 2016 – concelebrava con gli altri preti la Messa al termine della quale impartiva, come poteva, la benedizione. Così il vescovo Giuseppe Zenti ha tratteggiato martedì scorso durante le esequie in Cattedrale la figura di mons. Andrea Veggio, vescovo ausiliare di Verona dal 1983 al 2001, scomparso all’età di 96 anni all’alba del 6 giugno. Era il primo sabato del mese, tradizionalmente dedicato alla Vergine Maria, per la quale il presule nutriva una intensa devozione. Ma quel giorno è significativo anche per un altro motivo: 22 anni prima, nella Cattedrale di Verona, aveva ordinato 11 preti (di cui sei diocesani) in qualità di amministratore apostolico della Diocesi, incarico ricoperto per poco più di un anno, tra il 1997 e il ’98. Per molti anni padre spirituale, vicerettore e poi rettore del Seminario, «era un educatore inflessibile nei principi, ma un padre amabilissimo e affabile nel tratto di vicinanza con i seminaristi – ha ricordato Zenti nell’omelia funebre –. La sua battaglia? Penso al tempo in cui ero seminarista al Seminario Maggiore. Ricordiamo lo tsunami, la bufera del Sessantotto? È grazie al rettore di allora, Andrea Veggio, abbinato provvidenzialmente con il vescovo, oggi venerabile, Giuseppe Carraro se il nostro Seminario non ha chiuso i battenti. Hanno avuto gran buon senso di tenere equilibrate le posizioni turbolente di quegli anni». Quindi ha evidenziato che mons. Veggio «ha conservato integra e autentica la fede sua e delle persone a cui rivolgeva la sua parola, nella fedeltà assoluta e indiscussa al magistero del Vescovo e del Papa, di cui ha goduto – come del Vescovo – grande stima, in particolare da parte di Giuseppe Carraro. In uno stile di vita sobrio, austero». Prima della conclusione delle esequie alle quali hanno concelebrato un’ottantina di presbiteri e cinque presuli – gli arcivescovi Rino Passigato (nunzio apostolico emerito) e Lauro Tisi (Trento) e i vescovi Giuseppe Pellegrini (Concordia-Pordenone), Ivo Muser (Bolzano-Bressanone) e Ovidio Poletto (emerito di Concordia-Pordenone) – mons. Guido Todeschini, fondatore di Radio Telepace, ha delineato il profilo umano e spirituale del vescovo defunto che era suo direttore spirituale e confessore, oltre ad essere stato suo formatore negli anni del Seminario: «C’è chi dice che era uno dei nostri, cioè un vescovo semplice, alla buona, che ti metteva a suo agio quando gli parlavi insieme. Un vescovo dalla battuta spontanea e sempre pronta e che a volte dava l’impressione di prenderti anche in giro; comunque un vescovo col quale ti sentivi di aprirti e di confidarti perché eri sicuro di essere capito e soprattutto aiutato e amato». L’Eucaristia «era il sole di ogni sua giornata e sostegno nel lungo pellegrinaggio della vita». Ammiratore e devoto di san Giovanni Calabria, «parla la sua carità verso i poveri. Quante persone ha aiutato nella sua vita mons. Veggio! Un giorno mi disse che la carità non è qualcosa che si compera al mercato, ma è un dono che nasce e fi orisce sulle ginocchia della madre; è un fuoco acceso dallo Spirito Santo e alimentato dalla preghiera. Don Veggio c’era sempre. Persone di tutte le età, di ceti sociali diversi ricorrevano a lui, chi per un consiglio, chi per una parola o una benedizione. I più per un pane». E se veniva a sapere che qualcuno, fingendosi bisognoso, s’era approfittato della sua generosità, ricordava che anche don Calabria era stato imbrogliato, però il santo veronese diceva: «Meglio essere imbrogliati per aver fatto la carità che non essere mai stati imbrogliati per non averla fatta». «Mons. Veggio aveva la carità nel suo Dna», ha concluso mons. Todeschini. Infine è stata data lettura del telegramma con il quale il Santo Padre ha manifestato la propria partecipazione al lutto. Il feretro è stato tumulato nella cripta-memoriale dei vescovi veronesi.

Testo: Alberto Margoni – Verona Fedele
Photo: Giordano Dapiran

 

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